29 luglio 2010

Vediamo cosa avete da dire su questo post (pensieri sparsi)


Non credo in dio. Non ci posso fare niente, per me è una questione di logica: se dio avesse voluto che io credessi in lui, sarebbe esistito.

Oh, mi spiace se tra i lettori c'è qualche cristiano. Mi spiace che sia cristiano.

La verità è che delle religioni ho paura. Perché il messaggio di base è sempre "il mio Dio ce l'ha più duro del tuo".

Parlando di gente che ce l'ha duro, una volta Roberto Maroni, visitando un campo di concentramento nazista, si è commosso pensando a tutte le persone che in quel campo avevano perso la vita. Cadendo da quelle dannate ed insicure torrette.

Maroni. Nella sua famiglia, è quello normale.

Ma basta parlar male della Lega. Per esempio, la Lega non è contro i diritti civili come ci vuol far credere la sinistra. La Lega li vuole, i diritti civili. Solo che non li vuole per tutti.

Sport: lo spagnolo Contador trionfa al Tour. In una notizia collegata, alcuni tossicodipendenti sono stati accusati di ciclismo.

Sport-2: anche quest'anno una figura di merda ai mondiali. Ogni volta che c'è Berlusconi al Governo, l'Italia fa schifo ai mondiali. E' come Re Mida al contrario, quel che tocca diventa merda.

Eh, Berlusconi... ricordo quando il buon Agnelli lo difese in occasione della prima elezione: "Aspettate a giudicare, l'Italia non è la Repubblica delle Banane". Ora, dopo aver aspettato quindic'anni per giudicare, finalmente è chiaro: l'Italia è la Repubblica delle Banane.

Ah, come molti di voi sanno, da un po' sono sposato. Sapete cosa non sopportavo dell'essere single? Che le gente ti trattava come se avessi una malattia. I single non hanno la peste! Al massimo, diverse infezioni veneree.

Tra l'altro, il matrimonio è in crisi: un  coniuge su due tradisce il partner. Visto che non sono io, cazzo, è mia moglie.

Il tutto mentre Ratzinger continua ad incitare i giovani alla castità. Che se funziona con loro, poi convincerà pure i preti.

Oh, sapete quando l'orgasmo femminile è eccessivo? Quando fa scattare l'allarme del SUV del tuo vicino.

Visto che siamo in argomento, sapete qual'è l'indizio che state guardando troppe repliche di Star Trek? Vi accoppiate una volta ogni sette anni come i Vulcaniani.

Sempre sulla religione, sapete perché è chiaro che se dio esistesse, sarebbe un uomo? Perché se dovesse essere una donna, lo sperma dovrebbe sapere di Cosmopolitan.

Comunque, attenzione sempre all'abuso di alcol, gente. L'alcol è una droga. E non tutte le droghe sono buone: molte sono ottime.

Ieri, mentre stavo entrando al supermercato, passa di lì Gasparri, che vedendo la porta scorrevole che mi si apriva davanti, mi fa: "Ma allora capita anche a te?!"

Esco con le buste un'oretta dopo, ed incontro un fan di questo blog che mi ferma per la strada e mi chiede "Ma davvero la gente ti ferma per la strada?"

Scienza: scoperto che i delfini sarebbero addirittura più intelligenti dell'uomo. Una prova? Non guardano "Porta a porta".

Tra l'altro, ho saputo che Bruno Vespa prende il Viagra. Anche se non ho ancora capito se lo fa per non pisciarsi sulle scarpe o per diventare più alto.


Chiudiamo con una vignetta. Non serve citarne gli autori, dico bene?

 Cliccate se siete 'ciecati


Ed ora, ci si vede, devo andare a drogarmi col succo di certe bacche che ti fanno saltare in aria le orecchie e cantare "Rock The Casbah" con la voce di Elio Vito.


26 luglio 2010

La storia siamo noi

Una cosa che non ho mai rivelato su queste righe di codice, e che quindi pochi, tra cui Yoss, conoscono, è che sono appassionato di storia. E che dentro a questa passione, ne ho un'altra tutta particolare, che riguarda le strategie militari dei tempi passati, con una ovvia predilezione per le grandi battaglie che hanno deciso le sorti delle guerre e segnato il corso degli eventi umani in una o nell'altra direzione.

Per esempio, è il 14 Ottobre 1066, e ci troviamo nei pressi di Hastings, Sussex dell'Est, Inghilterra. E' mattina, e due eserciti sono schierati l'uno di fronte all'altro. Da un parte, le truppe di Re Aroldo II, sovrano degli Anglosassoni, che si prepara a difendere il suo trono minacciato dai Normanni; dall'altra, quelle di suo cugino Guglielmo II , Duca di Normandia, che dopo duecento anni di indipendenza formale del suo ducato ha deciso di non essere più legato in alcun modo alla Francia, e l'unico modo per farlo è conquistare le terre oltre la manica per divenirne il nuovo re, senza che il regno Francese possa vantare le pretese che invece potrebbe avere in caso di semplice annessione dell'Inghilterra alla Normandia.

Le forze in campo sono praticamente pari, tra settemila e ottomila soldati da ambo le parti.

Guglielmo, dopo essere sbarcato senza difficoltà pochi giorni prima approfittando della confusione creata da una delle scorrerie vichinghe usuali per l'epoca, ha posizionato i propri uomini su una pianura non distante dall'approdo.
Aroldo, che è reduce fresco da una battaglia per aver dovuto respingere un tentativo d'invasione*, ha reagito comunque prontamente ed è riuscito ad attestare in tempo il suo esercito su Senlac Hill, una collina che domina agevolmente la posizione dell'esercito normanno.

*il nemico erano gli stessi vichingi che avevano consentito a Guglielmo II il facile sbarco. Harald III di Norvegia tentò un'invasione dell'Inghilterra, ma, dopo una prima vittoria, venne sconfitto a Stamford Bridge proprio da Aroldo II.

Le forze sassoni sono formate soprattuto da fanteria pesante, quindi la tattica di Aroldo è di attendere il nemico arroccati sulla collina, protetti dalle pesanti armature e da un muro di scudi, in modo da difendersi dal tiro degli arcieri e soprattutto da evitare lo scontro in campo aperto, dove forze troppo pesantemente armate risulterebbero lente e vulnerabili contro la cavalleria, che forma il grosso dell'esercito nemico.
Lo schieramento è ripiegato sulle ali, per prendere in tempo eventuali sortite dietro le linee da parte dei cavalieri nobili di Gugliemo: nell'ipotesi di un successo nel mantenimento di questa formazione, la superiorità nel corpo a corpo dei fanti pesanti sassoni dovrebbe garantire ad Aroldo la vittoria, visto che anche un'eventuale carica di cavalleria andrebbe ad impantanarsi senza speranza nella selva delle sue prime linee, più che efficaci, per corazze ed armamenti, contro cavalieri fermi.

Clicca sull'immagine per capirci qualcosa

Dal canto suo, Guglielmo sa bene che l'attacco di forza contro le linee avversarie sarebbe tanto suicida quanto inutile; schiera quindi le sue truppe su tre battaglioni, tutti disposti classicamente con la cavalleria nelle retrovie, pronta a caricare il nemico nel caso che si riuscisse a trascinarlo in campo aperto, ed inizia la battaglia mandando i suoi arcieri, armati di quello che diverrà famoso come longbow (l'arco lungo inglese) ai piedi della collina per bersagliare i sassoni sulla sommità.

La tattica, però, si rivela infruttuosa come previsto da Aroldo. Infatti, se lanciati a superare gli scudi con una parabola, i dardi finiscono lunghi , per causa della conformazione del terreno che rende quasi impossibile un tiro a cadere, dal quale comunque sarebbe facile ripararsi per via della sua lentezza. Quando invece i normanni tentano il tiro diretto, le loro frecce si infrangono puntualmente sugli scudi sassoni.

Guglielmo, quindi, se vuole cercare di vincere, è costretto a tentare l'assalto alle posizioni nemiche proprio nel modo che voleva evitare, ossia lanciando la fanteria e la cavalleria.
Ma queste ultime, giunte stremate in cima all'altura per via della distanza percorsa in salita, vengono ricacciate indietro, addirittura quasi solamente con l'ausilio degli scudi.

Fino a questo momento l'esito dello scontro è assolutamente fuori discussione: Aroldo ha indovinato tutto, schierando perfettamente le proprie unità in considerazione di quelli che erano il campo di battaglia e la tipologia delle forze avversarie.

Però, come spesso accade nei grandi momenti di svolta della Storia, sta per verificarsi un evento imprevisto.

Infatti, un gruppo di Sassoni, ricacciata indietro un'ondata di carica, decide di non mantenere la posizione come fatto fino a quel momento, ma di inseguire i nemici in rotta giù per la collina, fino alla pianura sottostante.

Perché questa mossa? Perché cambiare una strategia che si stava rivelando chiaramente vincente? Forse, quell'unità voleva conquistarsi una maggiore gloria sterminando tutti gli avversari. Forse, reduci da una vittoria contro un primo invasore straniero e sicuri vincitori anche della battaglia attuale, i Sassoni si erano fatti prendere da fervore trionfalistico tanto da convincersi di essere invincibili. Forse, fu il gesto instintivo di un singolo soldato che si lanciò all'inseguimento trascinando con sé i compagni nella foga e nell'eccitazione della battaglia. Forse, fu semplice e brutale brama di sangue, mancanza di pietà per un nemico già sconfitto ed inoffensivo.

Ma, andò come andò, fatto sta che il gruppo di Sassoni staccatosi dal battaglione si trova ora in campo aperto, sparpagliato, a ranghi rotti. I Normanni capiscono subito che il vantaggio del nemico non esiste più, e, tramutatisi instantaneamente da fuggiaschi in aggressori, sterminano senza difficoltà i lenti ed isolati fanti nemici.

Messo a conoscenza della cosa, Gugliemo elabora una strategia. Ordina ai suoi uomini di portare un'altra ondata di attacchi, ma stavolta ritirandosi quasi subito, fingendo paura e sconcerto per non riuscire a passare la difesa nemica.

Così, al successivo attacco, quando i Normanni cominciano ad indietreggiare, i Sassoni rompono le righe e si lanciano all'inseguimento, certi che oramai il nemico sia in rotta e pronti a finirlo alle spalle.

Ma, giunti nella piana, i cavalieri normanni fanno dietro-front, e caricano, con tutta la forza di cui una cavalleria in armatura e con staffe è capace, contro le scompaginate e larghe unità nemiche, massacrandole.

Nonostante tutto, però, ad Aroldo restano ancora la sua posizione privilegiata sulla cima della collina ed una notevole quantità di uomini, forse più di quattromila, rimasti a sua difesa.

Gugliemo chiama dunque di nuovo in causa i suoi reparti di arcieri, che ricominciano a tirare, coi loro archi lunghi, sulla postazione del nemico.

E qui, per la seconda volta, un evento imprevisto cambia la Storia.

Capita infatti che una freccia riesca ad inflitrarsi attraverso gli scudi, e vada a raggiungere Aroldo ad un occhio, uccidendolo. Il morale dei superstiti sassoni è ora completamente abbattuto, e ben presto tutti i reparti rimanenti si danno alla fuga; resistono fino alla fine solo i duemila fedelissimi Uscarli della guardia personale di Aroldo, che vengono massacrati dalla cavalleria.

Al tramonto, Senlac Hill è dei Normanni, ed è l'inizio del regno di Guglielmo, che verrà incoronato ufficialmente il giorno di Natale di quell'anno, divenendo da allora in poi Gugliemo I il Conquistatore.


E questa è la storia-Storia. La storia recente, invece, è che ti capita di trovarti sul volo Las Vegas - Salt Lake City in un caldo pomeriggio di Luglio, con poco da fare per ammazzare il tempo se non partecipare ad uno stupido gioco a quiz via touch screen del tuo seggiolino. E capita che tu sia in un forsennato testa a testa con l'odioso e sconosciuto Dan, passeggero del posto 6/D che non si vuole arrendere alla tua superiore cultura e si ostina a tenere il tuo passo in esattezza e velocità delle risposte.

Sapete, tornando a prima, quasi tutti gli storici concordano che il fattore decisivo della battaglia di Hastings fu la cavalleria, che prima eliminò il grosso dell'esercito nella piana e poi finì gli Uscarli in cima alla collina. Ma io non la penso così. Io penso che il merito fu degli archi lunghi, perché fu solo grazie alla loro gittata (e ad un tiro MOLTO fortunato, ok) che l'esercito nemico venne messo in rotta.

Così, quando capita che la domanda decisiva del quiz sia "Quale di questa storiche batttaglie vide decisivo l'uso dell'arco lungo inglese?", capita che tu risponda, affidandoti solo alla tua personale, insindacabile e come sempre giusta opinione, "Battaglia di Hastings". E capita che Dan del posto 6/D mangi la tua polvere.
Capita che oggi sia tu il re del volo Delta 4866 per Salt Lake City, ed ora puoi accendere il tuo iPod ed ascoltarti un po' di  (vecchi) Metallica con la coscienza a posto.




20 luglio 2010

Ora che questi Mondiali di merda sono finiti posso fare un post sul calcio senza cavalcare (troppo) l'onda



Il calcio - e questo a detta di tutte le persone intelligenti, e cioè Europei e Sudamericani - è il gioco più bello del Mondo (the most beautiful game in the World).

L'origine di questo sport - il calcio, è di questo che stiamo parlando - si perde nella notte dei tempi (the night of the times). Fu infatti tale Sir John Paul Kickoff, un aristocratico inglese con problemi di pressione a causa della sua cameriera diciottenne, a crearlo nel lontano 1789.
Ma in Inghilterra non esisteva ancora la Premiership (premiata nave), così il mai arrendevole Kickoff tentò di esportare il gioco in Francia, dove però passò inspiegabilmente in secondo piano.

L'idea era però stata lanciata ed era solo questione di tempo prima che qualcuno la riprendesse.

E quel qualcuno fu Lorenzo de' Medici, un tipico figlio di papà (father's son), oltre che figlio di un noto chirurgo fiorentino. Il de' Medici, venuto in possesso degli scritti originali di Kickoff, adattò il gioco alle usanze italiane, copiando spudoratamente il regolamento della Serie A (the A-serious code). Purtroppo, anche in questo caso, il calcio non ottenne il successo sperato (the expired success).

Ottanta anni più tardi (eighty years later), il conte di Cavour, certo Camillo Benso, un noto produttore di spumanti di sottomarca, codificò il gioco, aggiungendo nuove regole che lo resero popolarissimo (very but very popular). Si deve infatti al Cavour la regola secondo la quale, per fare goal, si deve far entrare il pallone in porta.

Da qui è tutto un fiorire di regolamenti, postille, varianti e note a margine; alcune, a onor del vero, senza troppo seguito.
Come ad esempio la proposta di Enrico Fermi di usare un pallone d'acciaio satinato negativamente carico, o l'idea dei Fratelli Bandiera di giocare su di un campo di cocomeri a piena maturazione.
In questo senso è doveroso menzionare nomi illustri anche al di fuori dei confini nazionali (the national frontiers). Nomi come quello del falegname tedesco Montesquieu, che ipotizzò la linea di centrocampo in mattoni forati da 8 e alta tre metri. O come quello del drammaturgo spagnolo Schopenauer, che cercò d'introdurre le reti in filo spinato del 19 (of the nineteen).

In seguito iniziò un periodo di oscurantismo di quattordici secoli, durante il quale Arrigo Sacchi, un uomo proveniente da una realtà parallela, introdusse la zona e il fuorigioco (the zone and the off-side, but he copied the diagonal, too).

Si arriva così ai giorni nostri, al Campionato Italiano di Calcio del 1889, vinto per la cronaca dal Genoa, che lo giocò da sola (she soloed it).
Vi sono in seguito parecchi anni di dominio della Pro Vercelli, trascinata dal suo fantasista Giovanni Giolitti.
Si passa quindi per il ventennio fascista, durante il quale a tutte le squadre che volevano fare le sofisticate ed usare nomi strani vennero tolti i grilli dalla testa. L’Inter divenne Ambrosiana; la Juve se la cavò grazie ad una trovata di Bettega e Giraudo, i quali s'inventarono che "Juventus" è una parola latina.
Ci fu poi la grande Inter di Moratti, ma su questa squadra dei compagni interisti mi hanno chiesto di non fare battute ed io rispetterò il loro desiderio (i will respect their wish).

Giungiamo così alla storica Italia-Germania di Messico '70, passata alla storia come la partita in cui vennero fumate più canne negli spogliatoi.
Andiamo avanti rapidamente per trovare gli azzurri trionfanti nell'82 in Spagna (the lights blues triumphing in Spain in the eighty two). Quell'anno vi fu un rapido impennarsi dei casi di cirrosi epatica dovuti ad abuso alcolico, ma Marco Tardelli poté realizzare un'ottima esultanza da utilizzare poi in seguito per lo spot di "Kalo Uomo".
L'86 fu invece l'anno di "Argentina que Mundial", un proverbio fiammingo di nessun significato.
Quattro anni più tardi è invece la Germania di Beckenbauer a laurearsi campione, ma l'anno prima era accaduto qualcosa di ancora più storico: l'Inter aveva vinto lo Scudetto (vedevasi anche: miracolo, evento leggendario, mito atavico).
Nel '94 la F.I.F.A. decise di vendere tutta la baracca agli U.S.A., in maniera tale che poterono essere messi in opera i peggiori Mondiali che si ricordino nella storia delle umane vicende. In compenso, nessun calciatore patì il freddo, soprattutto a Pasadeena.
Nel '98 la Francia attestò la propria supremazia nel Ramino e nel Backgammon, oltre a vincere la Coppa del Mondo.
Altri due anni e tocca di nuovo all'Italia festeggiare, stavolta per la vittoria, proprio a spese dei cugini transalpini, nell’Europeo 2000, grazie alla doppietta realizzata dallo juventino Alex del Piero nella gara finale.
Il resto è storia recente.
Nel 2002, nell'ambito dei Mondiali organizzati dalla mafia coreana, è stato il Brasile a trionfare, mentre quattro estati fa, dovutamente al fatto che io mi sia fidanzato, le combinazioni astrali sono saltate da ogni schema e di conseguenza l'Italia ha potuto vincere in Germania la Coppa del Mondo.
In ultimo, grazie anche a Lippi che ha convocato i merdosi calciatori della Juventus (ma dico io, anche un idiota avrebbe chiamato Milito e Snejeder, cazzo!), la Spagna ha vinto pochi giorni fa la sua prima Coppa del Mondo.

E con questo siamo giunti alla fine di questa breve, ma completa storia del giuoco del pallone (short but vary complete football game history).

Oggi, purtroppo, il calcio non è più quello sport dalla nobile storia che vi ho appena descritto.
Le contestazioni sono all'ordine del giorno, non esistono più le bandiere di una volta, e soprattutto gli arbitri sono continuamente al centro delle polemiche, nonostante l'opera di calmiere svolta da alcune trasmissioni quali "Contro Campo" o "Il processo di Biscardi". Il fatto è che bisognerebbe cercare di ricordarsi, di tanto in tanto, che gli arbitri sono uomini e che, come tutti gli uomini, sbagliano.
Il fatto che sbagliassero sempre a favore di Moggi, poi, secondo me era del tutto casuale.


Chissà che cazzo c'avrai da ridere, coglione




16 luglio 2010

Le ex di Sciuscia: Francesca


Cari letterofobi, nel post di oggi torna la fortunata rubrica "Le ex di Sciuscia", nella quale parliamo di giovani donzelle che hanno avuto l'onore di intrattenere relazioni sentimentali col famoso blogger coprolalico (Sciuscia, è di lui che stiamo parlando).

Ok, ok, so già cosa state pensando: "Ma che cazzo significa coprolalico?!". Ma non  preoccupatevi, perché per seguire col massimo del profitto questo appuntamento periodico quando cazzo mi pare di Satira Sciusciesca non dovete fare altro che rispettare queste semplici regole:

1) Se siete la mia ragazza mia moglie, ricordate che questi post sono completamente inventati E NON LEGGETE LA RIGA SOTTO.
2) Se non lo siete, dimenticate quanto letto sopra e sappiate che è tutto vero.


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Conobbi Francesca mentre mi stavo scopando sua sorella. Eravamo lì, intenti in quello che solo ad occhi inesperti sarebbe potuto sembrare un rapporto insoddisfacente per la lei della coppia, quand'ecco che senza bussare, senza rispetto, senza reggiseno, entra in camera una brunetta dall'aspetto dolce e furbetto al contempo, un misto di Micaela Ramazzotti e quell'attrice fica di "Mio fratello è figlio unico", più un quarto di Triple Sec.

"Chi è quella versione con più tette e meno rischiosa a livello di avvisi di garanzia per pedofilia di te?", chiesi alla sorella dopo che Francesca, cambiatasi le mutandine da "Hello Kitty" in "Welcome", fu uscita dalla stanza.
"Non lo so" mi rispose "credo sia la sorella della tua ragazza".
Il tempo di realizzare di essere in effetti a letto con la migliore amica della sorella di Francesca, di giurare a me stesso di smetterla di bere una bottiglia di Cointreau prima di ogni appuntamento come Grande Regola di Vita, ed ero fuori dalla stanza a cercare la Venere che aveva turbato, se non i miei sogni, quantomeno il mio controllo sull'eiaculazione precoce. Sparita. Urgeva un'indagine.

Per abbastanza Beck's spillate male ti dicono di tutto, al circolo ARCI del paesello; venni a sapere che Francesca era una grande fan dei Modena City Ramblers, e di certo per nulla al mondo si sarebbe persa il loro concerto, la domenica successiva, in piazza. Non avevo che da andare là e cercare di riconoscerla tra duecento persone - così mi disse l'attaccapanni della sala per la briscola. Forse devo smetterla di offrire da bere a me, quando chiedo informazioni.

La scelta era ardua: valeva la pena sopportare un concerto di Cisco e soci solo per aggiungere una tacca alla mia pistola? No di certo, la tacca avrei potuto aggiungerla anche senza andare al concerto, mi sarebbe bastato un coltello da cucina. Ma se volevo trombarmi Francesca, non c'era che sorbirsi l'ennesima versione live di "Bella Ciao".

Così eccomi là, in mezzo a un cumulo di zecche comuniste vestite variopintamente, a scrutare in giro alla ricerca della mia preda. Davanti a me: nulla. Dietro di me: nulla. A destra: nulla. Sinistra: nulla. Avevo sbagliato piazza? Impossibile, gli sproloqui antiberlusconiani provenienti dal palco davano ragione al mio GPS interno. Provo ad abbassare lo sguardo: Francesca era sotto di me, seduta a gambe incrociate, intenta a passarsi una canna con un giovinastro dai capelli unti, lunghi, rastafariani e unti.

Con la consumata abilità da fumatore di sostanze leggere acquisita in tanti anni di illusioni sinistroidi, cercai di attaccare discorso contestando al pischello la fattura della sigaretta di erba che succhiava con l'avidità di una pornoattrice a fine carriera. Dopo un rapido scambio di battute blandamente aggressive, tutto terminò con un "Tranquillo fratello", la canna passata al sottoscritto e l'offerta di una birra. Come li conosco bene.

"Ci sto", dissi al giovine punkabbestia, "ma offro io." "Però", aggiunsi, "non so ove si trovi il chiosco della birraccia che vendono a quattro euro al bicchiere di plastica a questi concerti. Se la tua amica mi può accompagnare, tu puoi restartene tranquillamente qui, non vorrei mai che facessero 'Contessa' mentre sei lontano."
"Non è una mia amica, è la mia ragazza", specificò l'ammasso di piercing facciali lignei "quindi trattamela bene, eh fratelllo?", aggiunse con un faccione sorridente da pace universale tra i popoli, ignaro delle due decorazioni aggiuntive che presto gli avrei regalato per la sua fronte.

Con la scusa che lì non avevano la Beck's spillata male, convinsi Francesca a recarci al circolo ARCI del paesello. Prendendo la strada sbagliata che si snoda sulle colline e finisce senza uscita in una radura appartata lontano da occhi indiscreti, volle aggiungere lei.

Così, il giorno dopo, sulla Terra c'era un fricchettone in più a riflettere sul concetto di "libero amore", ed alla mia pistola s'era aggiunta un'altra tacca. Oltre al fatto che ero andato a letto con Francesca, ovviamente.

La nostra storia partì subito in quarta: ci vedevamo ogni giorno, facevamo l'amore ogni sera, ascoltavamo Guccini tutta la notte, lei dormiva tutta la mattina mentre io crollavo per il sonno in ufficio con le parole de "La Locomotiva" in testa.

La vita con Francesca era frenetica, non ci si annoiava mai: un giorno ad un concerto della Bandabardò, un altro al centro sociale a vedere un film di Nanni Moretti, un altro ancora ad una manifestazione contro la guerra in Afghanistan. Cavolo, mai trovata una ragazza che conoscesse così tante scuse per rollarsi una canna.

Quello che ammiravo in lei era il suo coraggio sociale: l'agiata condizione in cui era nata (il padre chirurgo massone e la madre amministratrice delegata di società in pasta col Ministero dei lavori pubblici) non le aveva impedito di sviluppare un pensiero indipendente che abbracciava i valori storici della sinistra. Ok, a parte non lavorare e a parte essere mantenuta dai suoi genitori nel suo stile di vita no-global e controcorrente.

Ma il vero motivo per il quale mi ero innamorato perdutamente, inutile negarlo, era il suo aspetto. Con quei capelli di media lunghezza, lisci e sistemati in ciocche apparentemente casuali e spettinate da mollette e lacciuoli coi colori della Giamaica, quegli occhi scuri teneri ed ingenui, il nasino alla francese, il seno piccolo, il trucco appena accennato eppure fuori dagli schemi - seppure dentro gli schemi dell'alternativo, i ciondoli coi simboli "CCCP" ed "Anarchy", i braccialetti etnici africani made in Taiwan, i jeans strappati a vita bassa per non mettere  maschilisticamente in risalto le forme femminili che però le mettevano in risalto eccome, le magliettine casual variopinte, le unghie dalle mille tonalità, i tatuaggi di Che Guevara e Marx nei punti esposti e quelli sexy nei punti nascosti - o era il contrario?

Girando assieme a Francesca vissi emozionanti esperienze. Incontrai Francesco Caruso che mi fece fumare la sua erba coltivata nel bagno di Montecitorio, conobbi Vittorio Agnoletto ed assieme fummo manganellati in ricordo di Carlo Giuliani, litigai con Fausto Bertinotti sull'opportunità di usare più o meno erre moscia per dare un tono di cultura ad un comizio.

Ricordo che spesso discutevamo per via delle sue convinzioni politiche. Lei credeva in un puro ideale, nel riscatto di tutte le masse, al compromesso borghese e alla pace sociale opponeva la lotta di classe; io, dal canto mio, volevo andare in locali dove avessero una scelta di birra abbastanza ampia.

La verità è che Francesca era una delusa storica dalla sinistra. Aveva sempre creduto nella giustizia sociale, aveva portato avanti ideologie che la storia stava seppellendo con il coraggio di chi sbandiera le proprie idee contro ogni evento contrario, ed altre locuzioni di dubbio senso. 
Ricordo che a volte era vagamente incoerente. Quando insisteva per mangiare al Mac Donald perché le piaceva, per esempio. O quando acquistava scarpe prodotte dai bambini cinesi perché quell'anno nel mondo della sinistra alternativa andavano di moda quelle. O quando diceva che piuttosto che votare per una sinistra moscia preriva astenersi, "che se vince Berlusconi sarà una lezione per questi centristi del cazzo".

Ma anche le più cocenti sconfitte politiche non bastarono mai a farla desistere dal trascinarmi ad iniziative, tavole rotonde, marce della pace, cineforum con successiva discussione costruttiva, mercatini dell'equo e solidale ed Arezzo Wave.
E fu proprio durante la famosa kermesse truccata di musica indipendente che si consumò la fine della nostra storia. Evento scatenante fu la mia decisione di intraprendere acquisti di stupefacenti all'interno del famigerato campeggio. Mentre giravamo tra le tende alla ricerca di funghi allucinogeni che non fossero quelli che si comprano alla Standa, vide lui, e fu amore a prima vista. Del resto, come resistergli? Lui squattrinato e strafatto spacciatore di fumo pakistano, io misero impiegato. Lui vestito di maglietta di Bob Marley logora e calzoni di lino colorati, io insignificante nei miei jeans e T-shirt degli Iron Maiden. Lui sporco come una chiavica, io pulito.

Un colpo di fulmine, così lo descrisse lei. Boh, a me era sembrato più un pompino nei cessi chimici del campeggio.


Saranno stati i funghi della Standa.



Io e Francesca (e parecchi comunisti)
durante uno dei nostri sabati pomeriggio usuali  



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Caro lettore, in questo post sono nascoste due cacce al tesoro, una per ritardati, l'altra da professionisti. Riesci a scovarle?!

Offerto da
Satira Sciusciesca, il primo blog di umorismo metodista che non si limita a farti ridere con battute fiacche, ma stimola il tuo intelletto. Un po' come quella cacata di Brain Training, insomma, ma con più gnocca.




13 luglio 2010

Cambiare tutto è come cambiare tutto

Torno dal viaggio di nozze (o "luna di miele", se siete gay) ed è tutto un casino. La casa da sistemare, io e Lauretta che non sappiamo fare "O" col bicchiere, Berlusconi che è ancora al suo posto a sparare cazzate, forzare leggi a colpi di fiducia ed attaccare l'informazione. E tutto questo dalla tazza del cesso.

Ma c'è una cosa che è ancora peggio: il mio ufficio.
No, non è vero, non c'è nulla peggio di Berlusconi, tranne che Berlusconi con il PD come opposizione.

Ma dicevamo del mio ufficio.

E' tutto un casino! Insomma, mi sono assentato nella serena convinzione che i miei colleghi avrebbero risolto tutte le beghe rimaste in sospeso, tenuta in ordine la mia roba, evitato di lasciare crostini, risolto il conflitto in Medio Oriente e guarito gli infermi.

Invece, torno e trovo tutto sbaraccato. Già che l'ufficio è una mansarda parzialmente soffitta per non dire piccionaia. E decidono di reimbiancare. Così ora tutta la roba, e con "roba" intendo faldoni di carta databili solo tramite scale geologiche, è ammassata in un Unico Grande Mucchio al centro della stanza, sopra, sotto, di lato ed attraverso* il tavolone centrale.

*compenetrazione della materia, che secondo quell'idiota del mio docente di Fisica è impossibile

Ma meno male che sono tutti in ferie, così nessuno mi toglierà il gusto di riordinare personalmente trent'anni di pratiche impolverate dentro sei armadi, un libreria e cinque scaffali! E per fortuna che l'aria condizionata non funziona, io odio dover lavorare al freddo, soprattutto se fuori ci sono questi piacevoli trentadue gradi umidi.

A presto risentirci.

E, sì, lo so che questo post fa schifo. Ergo, Megan di consolazione: