[ Avviso: segue un racconto serio. Che non c'è una risata. Ma proprio nemmeno nemmeno una che sia una. ]
Ero ricoverato in ospedale. A Venezia. Era l'ospedale più vicino, tra quelli attrezzati per curarmi. Non che avessi qualcosa di gravissimo. Era una cosa seria, certo, ma non una cosa da cui non si potesse guarire con un ragionevole margine di possibilità positiva.
Ma non è importante sapere cosa avessi, non è di questo che si parla.
Ero lì ormai da vari giorni, il decorso delle cure era nella norma. Nulla che inducesse a festeggiamenti con fuochi d'artificio, certo, ma comunque assenza di segnali preoccupanti.
E fu dopo qualche giorno (sette? otto?), appunto, che accadde.
Stavo rientrando nella mia camera a sera, verso le sette, dopo una sessione di cura. C'era penombra, il sole non entrava più dalla finestra già da qualche minuto.
Avevo tolto, poiché mi procurava fastidio, la garza adesiva che bloccava la cannula da flebo nel mio avambraccio e inavvertitamente, sistemando il cuscino, infilai la cannulla sotto la federa, sfilandomela così nel mio movimento maldestro.
Stavo per suonare il pulsante rosso e chiamare così qualcuno per rimediare all'accaduto, quando sentii una voce di donna alle mie spalle.
- Non preoccuparti, poi te la sistemo io - disse la voce.
Chi era? Quand'era entrata? Mi aveva seguito fino in camera? Non avevo sentito rumori. Del resto, c'è da dire che ero piuttosto stordito e confuso.
Di solito, quando sentiamo qualcuno parlarci da tergo, il primo istinto è di voltarci, non fosse altro per vedere con chi stiamo parlando.
Chissà perché io non lo feci.
Abbassai invece la testa, guardando contemporaneamente verso il basso ed all'indietro. Vidi un paio di Converse, da cui partivano due gambe non pallidissime, ma nemmeno abbronzate, nude. All'altezza del ginocchio, l'estrema alla quale il mio angolo visuale poteva arrivare, una gonna bianca bordata di verde acqua tradiva senza ombra di dubbio la professione della mia misteriosa interlocutrice.
- Sei un'infermiara - esordii con voce atona.
- Sì - mi rispose - ma sono qui da poco, e ancora non so fare tante cose. Però la cannula posso sistermartela. Per ora, mi fanno fare quello, e mettere a posto le camere, ritirare le cartelle. La tua, l'ho quasi sempre ritirata io finora.
- Non ti ho mai vista - le dissi col tono di chi si aspetta una spiegazione, e continuando, inspiegabilmente, e direi scortesemente, a rimanere girato, come se qualcosa dentro di me mi stesse dicendo che era giusto non voltarmi.
- Di solito, quando passo, i pazienti dormono - si spiegò lei - Tu, dormivi sempre - concluse sorridendo. Si percespisce, quando chi parla con noi sorride, sapete? Anche se non li si vede in volto. Per questo quelle presentazioni power point da sfigati che girano su internet e danno consigli su come affrontare gli altri, consigliano di sorriddere anche quando si parla al telefono.
Rimasi in silenzio, per un attimo, ma non uno di quegli attimi dei romanzi che durano tanto. Fu proprio un attimo-attimo. Passato quello, lei mi abbracciò da dietro.
Era un situazione assolutamente surreale, quella che stavo vivendo. In una camera di un'ospedale a cinquecento chilometri da casa, con la luce del giorno andata da diversi minuti e la stanza semibuia, abbracciato ad una sconosciuta infermiera di cui non vedevo il volto, con una sorta di voce dentro di me che mi diceva che non dovevo vederlo.
Mi cingeva contemporaneamente le braccia ed il torace, e sentivo il calore della sua guancia appoggiata contro la mia schiena.
- Mi dispiace tanto - disse con una voce ora bassa e dolce - Mi dispiace così tanto per la tua malattia...
- Non è così grave. Guarirò, sono sicuro - affermai col tono di chi rassicura gli altri, prima che sè stesso: una specie di strano altruismo, diciamo.
- Mi dispiace tanto lo stesso. Le malattie sono brutte, non dovrebbero esistere.
- ...ma quanti anni hai..? - chiesi, riconoscendo la giovinezza nella sua voce
- Ventitrè.
- Be', sono abbastanza meno di me... non è strano che una persona più piccola consoli una più grande..? Di solito, dovrebbe essere il contario.
- Non c'entra niente... mi dispiace per te, non è giusto che tu stia male... sei così bello..!
Come presi quel complimento, fu l'ennesima cosa strana di quella giornata incredibile. Non mi soprese: per qualche motivo, sapevo già di piacerle, in qualche modo era bastata la sua presenza nella camera a comunicarmelo; la immaginavo ora a guardarmi mentre dormivo quando veniva per ritirare la mia cartella.
Chiusi gli occhi, per continuare a non vederla, e mi girai verso di lei, liberandomi nel contempo dal suo abbraccio. Completando il mio movimento, sentii i capelli della sua fronte sfiorarmi le labbra, a riprova della sua statura di un po' inferiore alla mia.
Istintivamente, la presi per le spalle e l'attirai a me ancora più di quanto non lo fosse già, e protesi il mio volto verso il basso con una inequivocabile intenzione, che, intuii pur senza vedere, stava già muovendo anche le sue azioni.
Ci incontrammo un istante dopo, e fu un bacio dolce. Non troppo lungo, ma movimentato, non passionale e non profondo, ma deciso ed emozionato, sì.
Ci staccammo, sentii i suoi occhi su di me mentre i miei continuavo a tenerli chiusi.
- Come sei bello - disse.
- Grazie - risposi stavolta, con una specie di noncuranza che però non tradiva superbia, tuttaltro, semmai modestia.
- ...e tu, non vuoi guardarmi..? - mi chiese.
Abbassai ancora una volta la testa, aprii gli occhi. Di nuovo la visione delle sue Converse, delle sue gambe bianche, della sua gonna da infermiera.
Sempre più strano, in un momento di una tale unicità ed irrealtà, i miei pensieri mi scapparono e, invece che pensare ad un risposta da darle, o al da farsi, presero la tangente di quelle scarpe.
Perché non ci avevo riflettuto, poco prima, ma non era forse stranissimo che le lasciassero indossarle? Insomma, che io sappia, il personale ospedaliero deve usare quei bruttissimi zoccoli di plastica blu, no?
Ma tutto questo durò un attimo, il tempo di un pensiero.
- Come ti chiami? - le chiesi.
- Francesca.
- Allora dirò alla caposala di non mandare mai più nessuna infermiera di nome Francesca, qui da me.
- Ma perché? - mi chiese, con smarrimento e voce tremolante
Per un istante, un istante solo, la naturale curiosità ebbe la meglio sull'istinto che mi aveva dominato fino a quel momento, e socchiusi di pochissimo l'occhio destro. Feci in tempo a vedere indistintamente una ciocca di capelli bruni, lisci, ed un occhio di un marrone scurissimo, praticamente nero, che puntava verso il mio volto. Ma tornai immediatamente al mio stato di cecità volontaria.
- Perché io non voglio vederti - dissi a quel punto - Per questo non aprirò gli occhi. Io non posso vederti.
- ...ma perché..?
Ed allora le parole mi vennero, spontaee, istintive, come era stato tutto quell'assurdo momento, e non sembravano dette sul momento, sembrava che fossero un discorso scritto e ricorretto più volte fino a trovare la forma ideale.
- Perchè io amo un'altra persona - iniziai - E lei mi ama. Ma io ti ho appena baciata. E non so perché l'ho fatto. Ma è stato un momento incredibile, quello che c'è stato stasera in questa stanza. Ho sentito un'empatia enorme con te, eppure non ci conosciamo, ma... non ha voluto dire nulla, siamo stati lo stesso attratti da qualcosa di indescrivibile. Ma io sono di un'altra. Però... se non ti vedo, se non conosco la tua faccia... potrò ancora pensare di non essere stato attratto da te, da un'altra donna che non è la mia, ma di avere ceduto al richiamo di uno spirito affine. Se non ti dò un volto, tu per me non sarai una donna, ma un'entità. Sarà stato come baciare un'idea, un'anima. Come se al tuo posto ci fosse potuto essere chiunque... un amico, un parente. E, forse... non avrò tradito la persona che amo. Sì, forse sarà così, se potrò dire a me stesso di non aver ceduto a un'attrazione fisica, e lo posso dire, perché non ti ho ancora vista...
Percepii il suo sbigottimento ed il suo silenzio.
- Scusami - ripresi in tono sicuramente molto meno drammatico - per queste cose che ti dico e che magari per te sono senza senso... magari tu sei qui solo perché hai visto un ragazzo che ti piaceva, ed hai provato pena per la malattia di lui. Ma quello che ho detto è quello che penso, lo giuro.
- Non preoccuparti di parlare con la caposala, le chiederò di fare un'altra corsia... guarisci presto - fu tutto quello che disse in risposta.
Percepii il suo corpo staccarsi da me, e sentii armeggiare attorno al mio braccio, poi il lieve dolore della cannula che veniva rimessa al suo posto.
Poi se ne andò con lo stesso silenzio col quale mi aveva sorpreso alle spalle.
Dopo pochi secondi, riaprii gli occhi e mi stesi a letto.
ma una volta venivo qua ed era un blog di satira ! eh no, la vita non è mai sempre una risata...
RispondiEliminaChe bello. Triste a tratti, ma proprio bello.
RispondiEliminaNon posso scrivere sempre e solo cazzate che fanno ridere. Ogni tanto devo scrivere cazzate tristi.
RispondiEliminaè tuttavia un buon segno, quello di farsi domande. Sul tradimento si posso dire tante cose, ad esempio, guardare un'altra donna potrebbe essere considerato tradimento. Alcune culture velano appositamente le donne per evitare il tradimento visivo. La vittima di uno stupro può essere anche considerata traditrice dal suo compagno/marito/fidanzato. La linea sottile del tradimento è soprattutto mentale e variabile da individuo ad individuo. Non credo che potrai mai risolvere il dilemma del punto interrogativo. Forse hai sconfinato oltre la linea di confine che mentalmente ti sei fissato.
RispondiEliminaOttima scusa, con la tipa. Non potevi dirle al primo incontro che sei un feticista dei piedi, in particolare dei piedi con annesse Converse.
RispondiEliminaLa prossima volta potrai accennare alla cosa, e dopo una decina di giorni vedrai che ti lascerà togliergliele con i denti, vedrai.
Togli pure il punto interrogativo dal titolo, furbone d'un furbone...
RispondiEliminaIl tradimento è una brutta cosa, anche solo se è mentale, però nella vita potrebbe anche capitare di essere juventini, quindi cerchiamo di relativizzare.
RispondiEliminaBah... ci è voluto del fegato per non spingerla verso il letto. Sarebbe sicuramente stato meglio non baciarla, ma questo lo sai, non c'è bisogno che te lo si dica. Però ti sei ripreso alla grande: bravo!
RispondiEliminaVorrei vedere al tuo posto tutti quelli che, in un modo o nell'altro, si sentiranno in grado di giudicarti. Parlare è sempre facile ;)
Vabbe', ma non è una cosa successa realmente, eh. Ti pare che nella realtà un'infermiera indossa le Converse..?
RispondiEliminaE' bellissimo... bravo.
RispondiEliminaGrazie mille per il commento, CIAO!!!
Vedi?
RispondiEliminaQuando scrivi cose serie la gente ti crede, dovresti smetterla con le cazzate.
Il prossimo post lo faccio sul paese che amo, ho deciso di scendere in campo per occuparmi della cosa pubblica.
RispondiEliminaE trombare infermiere diciottenni, chiaro.
Ottimo. Anche se io li avrei fatti ramazzare.
RispondiEliminaBello.
RispondiEliminaCerto che pero' pensi sempre e solo a una cosa. E' un chiodo fisso.
;-)
"Ero ricoverato in ospedale. A Venezia. Era l'ospedale più vicino, tra quelli attrezzati per curarmi. Non che avessi qualcosa di gravissimo. Era una cosa seria, certo, ma non una cosa da cui non si potesse guarire con un ragionevole margine di possibilità positiva."
RispondiEliminaEri gay?
Ottimo Sciuscia. Mentre leggevo immaginavo la scena! Hai trasmesso emozioni, finalmente un emozione ambigua. Triste a tratti, emozionante in altri e felice in fondo!
RispondiEliminaFail
@Fail
RispondiEliminaIn pratica, un film di Muccino.
muahahhaah ci sono cascato con tutte.... le scarpe!
RispondiEliminaLe converse..che scarpe di merda.
RispondiEliminaDopo due settimane sono già sfasciate.
Bel post, diverso dal solito, quasi toccante, direi.
Le mie scarpe! Le ho identiche.
RispondiElimina...di tanto in tanto bisogna dimostrare a tanti blogger pseudo-seri che se uno scrive cazzate non lo fa in quanto meno capace di loro.
RispondiEliminaallora le tue scarpe fanno proprio schifo Mesic
RispondiEliminaSileno hai ragione, infatti sono a fare la muffa.
RispondiElimina@il Socio: io direi che è esattamente l'opposto, credo sia molto più complesso far ridere piuttosto che scrivere pseudo-seriamente..
RispondiEliminaDetto questo, bella roba Sciuscia, complimenti!
Lo dico proprio col cuore: non mi piace per niente. Sembra davvero un film di Muccino. Le descrizioni sembrano scritte da una diciottenne brufolosa con la fissa per 3msc (3 minuti senza cacare, ovvio). Il concetto è serio e piacevole però santo dio sembra davvero un rigurgito di Sciuscia e non lo Sciuscia vero. E che cazzo.
RispondiEliminaPurtroppo un'altra persona di cui ho stima mi ha detto la stessa cosa (ma, essendo cagasotto, me l'ha detta per MSN e non qui in pubblico).
RispondiEliminaAvevo il concetto, bello, bello davvero e non potete dire di no. Ma l'ho espresso di merda.
Sorry per l'epic FAIL.
@Andreolo: "ce lo so", essendo un cazzaro
RispondiEliminaSciuscia, non ci si improvvisa EMO da un giorno all'altro. Innanzitutto dovresti farti crescere il ciuffo, l'autocommiserazione va coltivata negli anni.
RispondiEliminaIo più che altro vorrei che Volpe spiegasse qui il concetto che mi ha esposto in privato. E' illuminante per molti aspiranti scrittori.
RispondiEliminaUn nuovo Sciuscia.
RispondiEliminaMa anche no.
RispondiEliminaSì, vabbè, Sciuscia che scrive un racconto serio? No dai ragazzi, non scherziamo.
RispondiEliminaE invece è davvero serio.
Ed è pure bello, molto!
Massimo rispetto
RispondiEliminaVero o no, bisognerebbe piantarla di fare flebo con Vodka alla fragola e Redbull.
RispondiEliminaTi dico la verità Sciuscia: mi è piaciuto. Prima di tutto perchè son venuto qui per leggere le tue solite cazzate, e mi ritrovo una cosa nuova, che mi ha incuriosito in quanto novità, e l'ho letto tutto d'un fiato!
RispondiEliminaPoi quoto il Socio e Andreolo: solo perchè si scrive sempre di cazzate non significa che non si sappia fare post seri, ci vuole più bravura a scrivere testi che fanno ridere che testi seri.
Sinceramente spero avrai il coraggio di continuare questo racconto (lo so, magari lo hai concepito come un racconto breve, ma c'ho la fissa dei continui, chettedevodì!).
Nella seconda ed ultima puntata del racconto si scoprirà che era tutto un sogno di Gargamella.
RispondiEliminaOh, sciuscì... ti vengono bene anche le cazzate serie. davvero.
RispondiEliminaGrazie anche per il commento odierno, CIAO!!! :-D
RispondiEliminaemozione pura
RispondiEliminaBel racconto, ma ti preferisco in versione anarco-satirica.
RispondiEliminaMa resta comunque una bella mossa, quella di non aprire gli occhi, anche indipendentemente dal tuo status sentimentale.
Così, per esempio, puoi non sapere mai se hai paccato co' 'na busta o no!
Ma allora è una fissazione quella del possesso, io sono sua, lei è mia, io sono mio.
RispondiEliminaEppure fummo creati per moltiplicarci, per confortarci gli uni con gli altri, per donare anche ai meno dotati, per stringerci tutti in un abbraccio collettivo, un bunga bunga elargito dalla magnanimità del mecenate a mo' di redistribuzione del rettito ai suoi simili
Capitalismo affettivo, Fra'.
RispondiEliminaUn solo dubbio mi assale: la mogliettina per affilare il coltello per l'anniversario dell'opera di Lorena Bobbitt usa la pietra o la mola da banco?
RispondiEliminaCordialità
Attila
Se avessi letto tutti i commenti come mi aspetto da ogni mio lettore, sapresti che è un racconto di fantasia ispirato da un sogno, sciocchino.
RispondiEliminaBeata ingenuità... e tu pensi che un sogno non possa scatenare la furia della lama?
RispondiEliminaQuanta tenerezza...
Rinnovo le Cordialità
Attila
Dici che è tardi per cancellare il post, eh?
RispondiEliminabello davvero
RispondiEliminaletto senza prendere fiato con l'ansia si scoprire qualcosa di incredibile...
complimenti Sciuscia!
ma i rinunciare, ogni lasciata è persa... ma tu sei bello ? Sei sicuro di non aver sognato ?
RispondiEliminaE' esattamente quello che è successo, come ho già spiegato.
RispondiEliminaComunque, sì, sono bellissimo.
beh! allora si spiega tutto... ti si voleva fare, ma valle a capire ste donne! Sono convinto che da una certa età gli incamincia a fumare e hanno bisogno di qualcuno che le spenga lì.
RispondiEliminaGrazie mille anche per il commento odierno, CIAO!!! :-D
RispondiEliminaoh, ma che bello! per fortuna ogni tanto ci sono cose così a tenermi legato a questo blog
RispondiEliminaNon farci il callo, preferisco fare ciò che mi viene meglio.
RispondiEliminaA me sarebbero bastate le caviglie per innamorarmicisi. Ergo, in te, avrei tenuto gli occhi chiusi per tutto il tempo. Sempre che non avesse avuto la voce un po' roca, ed in quel caso me ne sarei innamorato comunque.
RispondiEliminaInsomma, le avrei chiesto della morfina.
Mi aspettavo fino alla fine che il racconto si facesse porno. Colpa di "Nurses".
RispondiEliminaE invece è uscito un bel post originale.
Anche se una stronzata così la mia ragazza non se la berrebbe.
Comunque questo trucchetto di chiudere gli occhi lo usa anche Debussy quando va a fare il putan tour, di ritorno sua moglie lo incalza ma lui serissimo: no cara, semmai ho trombato un'idea.
RispondiEliminaBha, tutta stà storia per un angioset. Oltretutto solo i vecchi che hanno le vene cachettiche riescono a farselo uscire di vena.
RispondiEliminaIo non parlare tua lingue e tuo profilo non essere accessibile.
RispondiEliminaDesculpe, tu scrivere me giorni fa, io venuto a leggere su tuo blog tuo blog e lasciato commento. bacio.
RispondiEliminaFai cagare limoni.
RispondiEliminaCambia lavoro e datti alla raccolta differenziata.
Sciuscia Gay.
Ti ho sgamato subito: le infermiere non indossano gonne (fuorché le suore, almeno qua in Polentonia) bensì pantaloni trasparenti di grezzissima tela bianca (curioso che le divise femminili siano confezionate con tessuto ben più sottile e penetrabile allo sguardo).
RispondiEliminaBuon per te, non avrei più seguito il blog di un adultero, sono una cazzo di fottuta paladina della fedeltà coniugale.
Spluga
Eh, ma più che altro era un sogno romanzato, Spluga.
RispondiEliminaMa il dubbio che fosse un travestito brasiliano con passaporto falso e regolare permesso di lavoro non ti sorge?
RispondiEliminaAltra possibilità LOL
RispondiElimina"- Come sei bello - disse"
RispondiEliminaMah, a giudicare dalle foto di te col Buzzo e col Marchetti non si direbbe. L'infermiera doveva proprio essere cessa, ma vabè, de gustibus.
Come mai questo momento da ragazzina in preda al progesterone pubere a mo' di "Cioè?". Ti salvi solo perchè dicendo che l'infermiera aveva le Converse stai implicitamente ammettendo che NON fosse un'infermiera.
Maroc
Le donne hanno gusti di merda. Per fortuna.
RispondiEliminaGià, PER FORTUNA.
RispondiEliminaAhahahah! Che bel modo di evitare una domanda :D
Maroc
devo dire che scendendo piano piano a leggere le ultime righe... ho pensato di trovare la solita foto di tette...
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